Immaginate una foresta sterminata. Immaginate i mille popoli che la vivono e prendetene uno a caso, con la sua terra, la sua storia, la sua cultura ancestrale.
Pensate ai pericoli che l’Amazzonia corre a causa del mondo consumista e delle scelte di ciascun individuo. Pensate alla fatica che i popoli nativi sopportano per mantenere in vita valori e tradizioni incompatibili con la nostra società. Molti alberi non ci sono più e molte lingue non hanno più bocche che le parlino.
Concentratevi su un antropologo, un uomo solo che vive alla ricerca costante di un mito. La sua capacità di incontrare il mondo fuori dal perimetro di una metropoli tanto grande da togliere il fiato e la sua tanto razionale quanto istintiva voglia di conoscenza, lo porteranno sempre più para acima, “verso su”, lungo uno degli infiniti fiumi della selva.
Una tribù indigena con cui vivere, un mondo da lasciarsi alle spalle, un vuoto da riempire. Risalendo il fiume e abbandonando le proprie certezze.
Le centocinquanta pagine di Rio Acima, ultimo romanzo dell’autore brasiliano Pedro Cesarino edito da Companhia das Letras, sono una bella lettura. Un condensato di parole che raccontano la vera esperienza del condividere, dell’incontrarsi, scoprirsi diversi e rispettarsi.
In tempi in cui anche in Brasile la diversità è messa in discussione da chi dovrebbe difenderla, se non altro per rispettare dei chiari dettami costituzionali, non è affatto scontato.
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