Dall'Italia Musica

Egberto Gismonti a Roma per raccontare il Brasile

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Egberto Gismonti con la sua chitarra a dodici corde.
Egberto Gismonti in concerto a Roma il 15 aprile 2019: due ore di scoperta ed emozioni in cui l'artista ha raccontato, a modo suo, il Brasile più autentico.

Confesso che sapevo veramente poco di Egberto Gismonti. Ieri sera ho avuto il privilegio di poterlo ascoltare e osservare dalle prime file dell’Auditorium Parco della Musica di Roma e lo stupore per la sua maestria insieme all’incredulità di non averlo mai ascoltato con attenzione mi hanno donato una serata passata quasi interamente a bocca aperta.

Egberto Gismonti è senz’altro uno dei più grandi musicisti brasiliani. Non di oggi ma di sempre.

Non ho le competenze per fare un’analisi della sua tecnica e delle sue capacità come polistrumentista. Credo di saper riconoscere, però, quando mi trovo di fronte a qualcosa di straordinario e autentico.

La cosa che mi ha colpito di più del concerto non è l’estrema abilità dimostrata nel suonare in modo inverosimile tanto la chitarra a dodici corde quanto il pianoforte. Egberto Gismonti è un mago ma non è questa la cosa che mi ha stregato. Di virtuosi della chitarra e del piano ce ne sono molti e quando mi capita di ascoltarli, lo dico dall’alto della mia ignoranza, spesso mi annoio. Con Egberto non è stato così.

Questo settantunenne venuto dall’interior e dalla frontiera (Gismonti è nato a Carmo, al confine tra gli stati di Rio de Janeiro e Minas Gerais), un inchino dopo l’altro per ringraziare il pubblico, ha dimostrato che senza umiltà non esiste stile e che il virtuosismo non è nulla senza una storia da raccontare.

La sua musica, per certi versi molto elaborata, di storie ne racconta tante. Le fa vivere alleggerendo le palpebre, facendo sciogliere la pelle all’insegna dei brividi e regalando al cuore istanti di sogno. Sono le storie di un Brasile mestiço nato dall’incontro e dall’unione di culture diverse che in questo tappeto verde-oro che copre un bel pezzo di America del Sud, hanno trovato la loro casa.

Egberto Gismonti discende da una famiglia libanese e da una famiglia siciliana. Ero abbastanza vicino al palco e ho visto bene i suoi occhi lucidi al ricordare le parole di sua nonna… A suo modo è un esempio di come innovazioni e opere ammirevoli siano frutto del confronto e dell’accettazione dell’altro. Brasiliano, figlio di migranti, ieri Egberto è tornato dove risiede un pezzo della sua vita per far conoscere la propria arte al pubblico romano. Questa cosa mi commuove.

Chiudendo gli occhi e ascoltando Egberto Gismonti, vedo gente semplice, di quella che vive, senza una lira in tasca, tra vacche e canna da zucchero e la sera si riunisce a guardar le stelle, in cerchio, attorno a un fuoco, la gente del cerrado. Vedo la ricerca del Brasile della grande foresta e delle sonorità etniche che hanno ispirato Villa-Lobos. Vedo la città che si esprime al ritmo dello choro. Vedo i sogni di chi è fuggito dall’Europa, di chi sognava un destino migliore che quello di finire schiavo e sento la tensione dell’incontro tra mondi del tutto diversi come quello dei popoli nativi e quello degli europei. Riconosco il Brasile più autentico.

La musica di Egberto Gismonti racconta queste storie, le miscela e le rielabora.

Ieri, senza partiture, ad occhi chiusi e con infinito rispetto, Egberto ha regalato ai presenti due preziose ore di verità.

Simone Apollo

Sono appassionato di Rio de Janeiro e di Brasile. Sociologo, esperto di America latina, innovazione sociale, favelas e comunicazione. Inventore di DentroRiodejaneiro, l'unico blog italiano dedicato a Rio de Janeiro (e non solo).

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