[highlight style=’smoke’]La favela di Metrô-Mangueira, vicinissima allo stadio Maracanã, è al centro di un intervento di rimozione e demolizione.[/highlight]
[dropcap style=’circle’]D[/dropcap]opo anni in cui la politica di rimozione della favelas sembrava un ricordo, i mega-eventi sportivi di questi tempi, in cui Rio de Janeiro sarà vetrina planetaria, hanno purtroppo dato nuovo vigore agli interventi che mirano a sgomberare gli abitanti delle comunità carenti.Già da mesi sono in corso tentativi di rimozione. Si pensi al caso di Vila Autódromo, alla Favela do Horto o alla Aldéia Maracanã. Tutti esempi di come si cerchi di nascondere i segnali di povertà vicino alle aree che ospiteranno le tanto attese manifestazioni sportive e di come si provi a utilizzare tali aree per realizzare opere edilizie attorno alle quali ruotano progetti milionari.
Si potrebbe dire che, accanto alla strategia delle UPP, la cosiddetta pacificazione delle favelas, e alla realizzazione di imponenti opere (teleferici, ascensori, funivie, ponti) nelle favelas più in vista (Complêxo do Alemão, Morro da Providência, Cantagalo-Pavão-Pavãozinho, Dona Marta, Rocinha) sia stata rimessa in campo una certa dose di rimozione più o meno forzata che ha interessato favelas spesso meno note e assai prossima alle aree identificate per lo svolgimento degli eventi sportivi.
L’ultimo caso balzato sulle prime pagine dei quotidiani di Rio de Janeiro (ma che ha avuto ampio risalto anche all’estero: il video che vi proponiamo è stato realizzato nel 2011 dal The Guardian, uno dei principali quotidiani britannici) è quello della favela di Metrô-Mangueira, una relativamente piccola comunità sorta sul finire degli anni Settanta, quando qui si stanziarono gli operai nordestini impiegati nella costruzione dell’omonima stazione della metropolitana.
Metrô-Mangueira si trova a circa 500 metri in linea d’aria dallo stadio Maracanã, dove, tra le altre cose, si giocherà la finale dei Campionati Mondiali di Calcio 2016 e si terranno eventi delle Olimpiadi e Paralimpiadi 2016 di Rio.
Gli espropri con relativa rimozione sono iniziati nel 2010, quando 700 famiglie persero la loro casa in seguito all’iniziativa presa dalle autorità locali di Rio de Janeiro. Secondo il sito Rio on Watch, di quelle famiglie le 107 più vulnerabili ebbero dalla prefeitura una nuova sistemazione a 70km di distanza, nella zona ovest di Rio de Janeiro (con molti disagi legati alla distanza dal luogo di lavoro e dalla propria rete sociale e familiare). Le quasi 600 restanti, dopo circa 2 anni di resistenza all’interno delle loro case, sono state dislocate in appartamenti in zone limitrofe.
Da quel momento la favela restò abbandonata a se stessa e in attesa di capire a cosa quell’area dovesse essere destinata, molte persone in estrema povertà scelsero di stabilirsi a Metrô-Mangueira occupando le abitazioni rimaste deserte. Si tratta spesso di situazioni di estrema marginalità sociale che andrebbero risolte con mezzi diversi da quelli di una rimozione forzata e certamente con un maggiore dialogo.
Sta di fatto che il 7 gennaio 2014 le demolizioni delle case sono ripartite e la popolazione è scesa per strada a manifestare il proprio dissenso. La tensione è stata alta e si è assistito a scene di guerriglia urbana.
Nel frattempo si è deciso cosa dovrà sorgere nell’area: un grande parcheggio con 96 unità commerciali, una pista ciclabile e un complesso sportivo con area verde.
Al di là degli aspetti legali e di come la si pensi al riguardo, il caso della favela di Metrô-Mangueira pone alla ribalta uno dei grandi problemi di Rio de Janeiro di questi anni: il processo di gentrificazione in atto da tempo che porta a una forte valorizzazione immobiliare di aree un tempo considerate marginali e che diventano oggetto di speculazione e provocano l’allontanamento degli abitanti originari del luogo, la perdita di specificità culturale e la rottura di legami sociali consolidati. Insomma, una città più ricca dal punto di vista immobiliare ma più povera dal punto di vista della socialità.
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