Note carioca

O Rio de Janeiro continua lindo: “Aquele abraço”

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“Aquele abraço”, Gilberto Gil (1969): Racconto per imagini
"Aquele abraço" di Gilberto Gil è da un lato una grande dedica a Rio de Janeiro, dall'altro il saluto di Gil prima dell'esilio: la raccontiamo nel giorno dei 450 anni di Rio.

In quel periodo Gilberto Gil viveva in un angolo di Praça da República, proprio dove si immetteva l’Avenida São Luiz, a São Paulo. Lungo la stessa strada, poco prima dell’alba, una camionetta della Policia Militar procedeva a gran velocità. Dentro, un pugno di agenti e Caetano Veloso.

Era il 17 dicembre del ’68 e, solo pochi istanti più tardi, anche Gil sarebbe stato scaraventato a bordo del mezzo blindato che ora viaggiava verso Rio de Janeiro.

Gil e Caetano rimasero per due mesi imprigionati in una struttura dell’esercito nel quartiere di Realengo, zona ovest di Rio de Janeiro. Una volta usciti, venne la volta dell’esilio. Destinazione Londra.

Qualche giorno prima di quella partenza forzata, Gil era passato a salutare Mariah Costa, madre di Gal. Fu un incontro destinato a lasciare il segno. Nessuno sa cosa frulli nella testa di un artista quando compone, ma fu in quell’esatto istante che “Aquele abraço” iniziò a prendere forma.

Aquele abraço, così i militari salutavano Gil in prigione: “Gil, aquele abraço!”. Lui non poteva saperlo, visto che in carcere non c’era la tv, ma quella frase si era diffusa in giro per il Brasile grazie al programma umoristico di Lilico. Fu così che quel saluto, a casa dei genitori di Gal, si trasformò in un condensato di libertà e gioia. Finalmente Gil poteva gridare il suo “Aquele abraço” al Brasile, a Rio de Janeiro, alla dittatura militare.

In poche manciate di ore, durante il volo che lo avrebbe portato a Londra per due anni e mezzo, tutto d’un fiato, Gilberto Gil scrisse il testo di un brano tra i più belli e significativi della musica brasiliana. Lo fece su un tovagliolo di carta e per non dimenticare la melodia che si era fatta spazio nella sua testa, continuò a ripeterla a memoria, come fosse un mantra.

Mai tovagliolo di carta fu così importante per la carriera di un artista e per la storia di una città.

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“Aquele abraço” – Gilberto Gil (1969).

“Aquele Abraço”: atto d’amore verso Rio de Janeiro

Ma qual è il significato di “Aquele abraço”?

“Aquele abraço” viene pubblicata nel terzo album di Gilberto Gil uscito nel 1969 semplicemente con il titolo “Gilberto Gil”. Diventa il più grande successo che l’artista avesse mai pubblicato fino a quel momento.

Gil ne ha per tutti. Ci piace immaginare la testa e il cuore dell’artista in quei frangenti della sua vita. La felicità per essere lì, vivo, libero, nella cidade maravilhosa e di poter dire: “Sono io, qui ed ora”. L’angoscia di sapere il proprio paese oppresso dalla dittatura e di doverlo lasciare per una terra straniera, lontana dai luoghi del cuore e dalle persone care. Tanto contrasto, doveva esserci in Gil. Tanta speranza e molta tristezza.

Eppure, ed è questa la cosa più bella di questa storia, è la positività a vincere. Il tetro abbraccio dei carcerieri ad un artista perseguitato si trasforma nell’abbraccio gioioso dello stesso artista a tutta una città e al suo popolo. Una città che non si può non amare, la capitale culturale del Brasile, il luogo che più di tutti ha contribuito a dare nutrimento artistico al Brasile e ai brasiliani.

Gilberto Gil è nato a Salvador de Bahia e viveva a San Paolo. Eppure con “Aquele abraço” ha scritto la canzone più carioca che esista. Avrebbe potuto dire: “Ciao, Rio de Janeiro. Sono uscito di prigione e finalmente posso andarmene a Londra”. Invece fa esattamente il contrario e l’abbraccio, cantato per la prima volta 46 anni fa, ancora oggi riscalda il cuore dei carioca e di quanti come noi amano la cidade maravilhosa. Tutto è rimasto bello come prima a Rio, anche in questo finale di estate per Gil così diverso dagli altri.

“O Rio de Janeiro continua lindo.
O Rio de Janeiro continua sendo.
O Rio de Janeiro, fevereiro e março”.

Con un samba ritmicamente ipnotico e con pochi versi buttati là con il massimo della spontaneità, Gilberto Gil ha fatto un grande regalo a Rio de Janeiro. Sì, perché intanto “Aquele abraço” è un samba e lo dice lo stesso Gil nella dedica iniziale (che ha qualcosa di mitico ogni volta che si ascolta) a tre icone della musica brasiliana: Dorival Caymmi, João Gilberto e Caetano Veloso. Bellissimo: la canzone che lo stesso Gil ha definito un addio si apre con l’omaggio all’arte, ai compagni di viaggio e alla libertà d’espressione.

Dopo la dedica iniziale, Gilberto Gil manda il suo saluto alla torcida del Flamengo, dice ciao all’icona popolare televisiva Chacrinha, il vecchio guerriero capace di opporsi alla dittatura con la sua ironia (qualche anno dopo, per beneficenza, Gil canterà “Aquele abraço” proprio in un programma di Chacrinha, come mostra il video di seguito).

Gil dice ciao al quartiere di Realengo, dov’era incarcerato, lasciando trapelare che il suo nuovo successo faceva più di un riferimento alla sua prigionia.

L’abbraccio si estende poi all’anima popolare di Rio de Janeiro, quella delle scuole di samba come la Portela, quella della Banda de Ipanema, dell’irriverenza del Carnevale che anima Rio de Janeiro tra febbraio e marzo. Gil abbraccia i poveri di Rio de Janeiro, la moça da favela, senza la cui grazia Rio de Janeiro non scalpiterebbe a passo di samba.

“Alô, moça da favela.
Aquele Abraço!
Todo mundo da Portela.
Aquele Abraço!
Todo mês de fevereiro.
Aquele passo!
Alô Banda de Ipanema.
Aquele Abraço!”.

O Rio de Janeiro continua lindo, perciò. Nonostante la detenzione, nonostante la dittatura militare, nonostante l’esilio.

Un abbraccio anche a chi ha dimenticato Gil: l’ultima strofa è di rivincita e Gil mette in chiaro le cose, dicendo chi è che può decidere il corso della sua vita:

“Meu caminho pelo mundo
eu mesmo traço”.

Egli soltanto. Egli che proviene dalla terra del ritmo. Quella Bahia, dove tutto ha avuto inizio, che Gil inserisce nella fine del testo di “Aquele abraço”.

Con gli anni, “Aquele abraço” non solo è diventata una delle canzoni più famose di Gilberto Gil, ma anche un inno, una delle canzoni simbolo di Rio de Janeiro.

È vero che la fonte di ispirazione fa totalmente parte del vissuto personale di Gil (ma viene da chiedersi: esiste opera d’arte al mondo per cui non sia così?). È però altrettanto vero che la canzone è una grande dedica a Rio de Janeiro, dove tale vissuto vide luce, e al suo popolo.

Aquele abraço sono le braccia del Cristo Redentor che danno protezione. Aquele abraço è l’abbraccio di chi condivide l’amore per Rio de Janeiro e per lo stile di questa città che non smette mai di stupire.

“Aquele Abraço” è la visione positiva della vita, il grido di un musicista che nonostante tutto è innamorato di una città, dei suoi luoghi, dei suoi simboli e della sua gente.

E per i 450 anni della nascita di Rio de Janeiro la nostra piccola grande rubrica Note Carioca non poteva non scegliere questo pezzo. O Rio de Janeiro continua lindo!

Racconto scritto a quattro mani da Pietro Scaramuzzo e Simone Apollo per la rubrica Note Carioca.

Pietro Scaramuzzo

Tra i più autorevoli esperti di musica brasiliana in Italia. È il fondatore di Nabocadopovo, progetto culturale per la diffusione della musica e della cultura brasiliana.

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